Fonte:
http://www.gennarocarotenuto.it/11916-chiesa-parroci-di-frontiera-non-crediamo-in-un-dio-bianco-occidentale-friulano-–-giuliano-neppure-cristiano
Chiesa. Parroci di frontiera: non crediamo in un Dio bianco, occidentale, friulano – giuliano, neppure “cristiano”
di Davide Divo
La lettera di Natale dei ’preti di frontiera’ del Friuli Venezia Giulia è stata presentata a Pozzuolo del Friuli (Udine)
La lettera è stata firmata da Pierluigi di Piazza, Franco Saccavini, Mario Vatta, Alberto De Nadai, Andrea Bellavite, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Luigi Fontanot e Albino Bizzotto. Definititi in passato “i preti di frontiera” per alcune posizioni critiche con quelle ufficiali della Chiesa.
‘Mi pare che troppe volte viene utilizzato Dio, quando si dice per esempio “l’identità cristiana”, ” le radici cristiane” nei confronti dell’altro che viene – dice Luigi di Piazza – Dio viene utilizzato tante volte per coprire progetti che sono di potere umano, questo non vuol dire nascondere le questioni problematiche, vuol dire assumerle con una sensibilità che una fede in Dio dovrebbe comunicare a tutti noi”.
All’incontro con la stampa nel Centro Balducci di Zugliano (Ud) ha partecipato anche Don Andres (José Andrés Tamayo Cortez), sacerdote dell’Honduras, costretto dal regime a lasciare il suo paese.
“Una situazione, quella che sta vivendo lo stato del centro America, di cui i grandi del mondo non parlano – ha ricordato Don Andres – Eppure dopo l’ascesa al potere di Micheletti, gli omicidi politici di chi tenta di opporsi al regime sono nell’ordine del giorno”
Il dio in cui non crediamo
Non crediamo in un Dio lontano, giudice freddo delle debolezze umane, indifferente ai drammi e alle speranze della storia.
Non crediamo in un Dio che giustifica l’esaltazione della proprietà privata, del capitalismo, dell’accumulo del denaro e dei beni.
Non crediamo in un Dio che suggerisce, alimenta e conferma l’i nimicizia fra persone e popoli; che quindi legittima la costruzione e la vendita delle armi, le guerre, le ronde, il reato di immigrazione irregolare, i vigili urbani armati, il potere salvifico delle telecamere.
Non crediamo in un Dio onnipotente quando con questo concetto si vuole intendere il più potente dei potenti di questo mondo; che si trova alla sommità delle gerarchie e dell’autoritarismo, che esige onori e privilegi e così conferma autoritarismi, onori e privilegi, da parte delle autorità della società, della politica, delle diverse religioni, della Chiesa.
Non crediamo in un Dio che umilia, che castiga, che alimenta i ricatti e i sensi di colpa delle persone.
Non crediamo in un Dio che si incontra solo o di preferenza nelle Chiese, nelle verità dogmatiche, nei simboli religiosi.
Non crediamo nel Dio delle grandi occasioni religiose, come il Natale, quando sono concepite come ingrediente del materialismo, del consumismo, della superficialità, di una religione che non coinvolge nella storia.
Non crediamo in un Dio bianco, occidentale, friulano – giuliano, neppure “cristiano” quando la sua presenza è pretesa per fondare e legittimare le discriminazioni; la xenofobia, il razzismo; per alimentare paure e sospetti; chiusure etniche, localistiche, identitarie; il culto di quella tradizione che trasforma la libertà evangelica in ossequio al conformismo.
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Chiesa. Parroci di frontiera: non crediamo in un Dio bianco, occidentale, friulano – giuliano, neppure “cristiano”
di Davide Divo
La lettera di Natale dei ’preti di frontiera’ del Friuli Venezia Giulia è stata presentata a Pozzuolo del Friuli (Udine)
La lettera è stata firmata da Pierluigi di Piazza, Franco Saccavini, Mario Vatta, Alberto De Nadai, Andrea Bellavite, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Luigi Fontanot e Albino Bizzotto. Definititi in passato “i preti di frontiera” per alcune posizioni critiche con quelle ufficiali della Chiesa.
‘Mi pare che troppe volte viene utilizzato Dio, quando si dice per esempio “l’identità cristiana”, ” le radici cristiane” nei confronti dell’altro che viene – dice Luigi di Piazza – Dio viene utilizzato tante volte per coprire progetti che sono di potere umano, questo non vuol dire nascondere le questioni problematiche, vuol dire assumerle con una sensibilità che una fede in Dio dovrebbe comunicare a tutti noi”.
All’incontro con la stampa nel Centro Balducci di Zugliano (Ud) ha partecipato anche Don Andres (José Andrés Tamayo Cortez), sacerdote dell’Honduras, costretto dal regime a lasciare il suo paese.
“Una situazione, quella che sta vivendo lo stato del centro America, di cui i grandi del mondo non parlano – ha ricordato Don Andres – Eppure dopo l’ascesa al potere di Micheletti, gli omicidi politici di chi tenta di opporsi al regime sono nell’ordine del giorno”
Il dio in cui non crediamo
Non crediamo in un Dio lontano, giudice freddo delle debolezze umane, indifferente ai drammi e alle speranze della storia.
Non crediamo in un Dio che giustifica l’esaltazione della proprietà privata, del capitalismo, dell’accumulo del denaro e dei beni.
Non crediamo in un Dio che suggerisce, alimenta e conferma l’i nimicizia fra persone e popoli; che quindi legittima la costruzione e la vendita delle armi, le guerre, le ronde, il reato di immigrazione irregolare, i vigili urbani armati, il potere salvifico delle telecamere.
Non crediamo in un Dio onnipotente quando con questo concetto si vuole intendere il più potente dei potenti di questo mondo; che si trova alla sommità delle gerarchie e dell’autoritarismo, che esige onori e privilegi e così conferma autoritarismi, onori e privilegi, da parte delle autorità della società, della politica, delle diverse religioni, della Chiesa.
Non crediamo in un Dio che umilia, che castiga, che alimenta i ricatti e i sensi di colpa delle persone.
Non crediamo in un Dio che si incontra solo o di preferenza nelle Chiese, nelle verità dogmatiche, nei simboli religiosi.
Non crediamo nel Dio delle grandi occasioni religiose, come il Natale, quando sono concepite come ingrediente del materialismo, del consumismo, della superficialità, di una religione che non coinvolge nella storia.
Non crediamo in un Dio bianco, occidentale, friulano – giuliano, neppure “cristiano” quando la sua presenza è pretesa per fondare e legittimare le discriminazioni; la xenofobia, il razzismo; per alimentare paure e sospetti; chiusure etniche, localistiche, identitarie; il culto di quella tradizione che trasforma la libertà evangelica in ossequio al conformismo.